Oltre che per la vena creativa di Mark Mangold, tastierista che in carriera ha suonato con Touch, Drive She Said, Michael Bolton e tanti altri, questo disco è interessante soprattutto perché conferma la duttilità vocale di Jake E., frontman svedese che ricordiamo negli Amaranthe e, più di recente, nei Cyhra di Jesper Strömblad (In Flames). É lui ad impreziosire nel quale i giochetti dietro alle tastiere del leader, a volte dedito ad escursioni “spaziali” ed in altri frangenti vicino a certe cose dei Frost di Jem Godfrey, rubano spesso spazio alle chitarre. Il singolo ‘All I Need’ ha comunque un tiro decisamente heavy (potersi permettere Alex Landenburg alla batteria aiuta..) e la speranza è che i Keys possano avere l’occasione di trasportare dal vivo canzoni strutturate come ‘Vortex’, ‘Turn To Dust’ e ‘Thought We Had Forever’, che in tour potrebbero essere dilatate ulteriormente. In generale si percepisce una varietà compositiva più accentuata rispetto all’omonimo esordio di due anni fa, più ispirato all’universo pomp rock. Alcuni frangenti del disco invadono il campo dell’arena rock mentre in altri momenti la componente progressive risulta dominante. Mangold si ritaglia spazio anche per cantare in ‘Shining Sails’, ‘Crazy Town’ e ‘The World Is ours (Curse The Lies)’ e questi ultimi due pezzi sono in verità i più scontati del lotto.