La scena inglese continua a stupire e adesso non lo fa soltanto con l’aggressività ma anche con l’originalità e la varietà della propria proposta. A mio avviso sono due gli aspetti che rendono ‘Hex’ imperdibile. Il primo è che dopo anni e anni in cui le etichette discografiche hanno imposto alle band di catalogarsi e non uscire da certi binari, siamo al cospetto di un album impossibile da definire con solo uno o due termini. Il secondo è che la voce di Mishkin Fitzgerald, spettacolare e unica al mondo, viene esaltata sia quando la band si muove in territori estremi sia quando la componente progressive viene impreziosita da melodie evocative e cinematiche. Le orchestrazioni non appesantiscono mai l’ascolto ed il tutto è ricoperto da un velo dark che non guasta affatto, così come la presenza della batterista Anna Mylee, capace di accendere in continuazione nuove dinamiche, e della violinista Hana Piranha. A dispetto di forti elementi spirituali e esoterici, per una volta l’estetica è parte integrante della musica e non ne prende il posto come accade spesso nelle produzioni di plastica di oggi. La title track, aperta dal vorticoso giro di basso di Garry Mitchell e da tastiere sinistre, e ‘Ribbons’ fanno capire fin da subito che questo non è un album qualunque. ‘Flinch’ – singolo che non sfigurerebbe in nessuna playlist black metal - e ‘Joyless’ svelano il grado di aggressività del progetto mentre ‘Illuminate’ ed i dodici minuti conclusivi di ‘Task’ si distinguono come i passaggi più sperimentali e viscerali di una scaletta - caratterizzata da dissonanze ripetute, frangenti ambient e escursioni nella musica orientale e nella cultura circense - che cresce di minuto in minuto e riserva continue sorprese. Molto ruota attorno alle parti vocali della Fitzgerald ma il livello tecnico generale è altissimo, in pratica parliamo di quattro polistrumentisti, e non a caso a puntare sull’album è Reigning Phoenix Music, non una label qualsiasi ma il brand che ha già saputo portare dalla sua parte formazioni storiche quali Amorphis, Meshuggah e Opeth. Ciò potrebbe regalare loro la celebrità che meritano, anche agli occhi degli ascoltatori meno aperti di mente o comunque meno avvezzi a certe sonorità. Perfetti per la nostra sezione sulle nuove frontiere del metal e da vedere assolutamente dal vivo, perché molte delle tracce sembrano scritte apposta per essere dilatate in tour. Tanto so già che la stampa proverà a descriverli come prog metal o post metal. La verità è che i Crimson Veil non hanno affatto bisogno di categorie perché scrivono musica trionfale e grandiosa e sanno toccare le corde dell’anima, con evoluzioni angeliche e digressioni improvvise nella brutalità più dannata.