Filippo Dallinferno ha fatto parte della prima incarnazione dei Casablanca di Max Zanotti, tra l’altro il rarissimo debutto è stato appena ristampato da Vrec, e solo per questo merita l’attenzione di tutti gli appassionati di rock. In carriera ha poi suonato con i The Fire di Olly degli Shandon, il progetto benefico Rezophonic e soprattutto i Crazy Town del compianto Shifty Shellshock. La pandemia ha mandato all’aria diversi piani e così Filippo è tornato in Italia, ha aperto un nuovo studio di registrazione e ha potuto dedicarsi alla stesura dei brani di questo secondo lavoro solista di altissimo livello. L’approccio alla materia blues potrebbe ricordare la recente opera di Little Albert (Messa) mentre le rabbiose parti vocali ed un estro spiccato – anche dal punto di vista grafico perché ogni singolo o aspetto della release possiede un artwork unico in grado di accendere l’interesse dei collezionisti - mi hanno fatto pensare a ‘Urlo Eretico’ di Andrea Ra. Una cosa è certa ovvero che lo stile e la personalità che emergono da un'attenta analisi di ‘Aquarius’ lo rendono un prodotto di stampo internazionale e l’originalità delle parti vocali, di pari passo ad una tecnica chitarristica fuori dal comune, fanno sì che l’ascolto non risulti mai noioso o banale. I testi sono spesso incentrati su metafore che riflettono il disagio sociale del nostro tempo e, scorrendo la scaletta, vi imbatterete in personaggi bizzarri come ‘Il Cosmonauta Zavadovsky’ o ‘Madre Fortuna’. ‘Sotto i Fari del Bennet' viene impreziosita dall’armonica di Charlie Musswlwhite ed un altro passaggio chiave dell’album è a mio parere ‘All’Ombra Di Venere’, ricca di sfumature che vengono svelate di ascolto in ascolto. Le registrazioni si sono svolte presso il Villa Peste Studio di Como e l'atmosfera è intrisa di echi degli anni ‘70.