Ice T è tornato. Arrabbiato, assatanato e cattivo, come lo è sempre stato. Ha rimesso in moto la sua macchina letale, i Body Count, che si erano fermati da quattro anni a causa anche della pandemia e ha deciso che era nuovamente il momento di picchiare duro con testi e, soprattutto, musiche. Avete presente “Disorder”, la canzone killer che è presente nella storica compilation “Judgment Night” e che fu realizzata insieme agli Slayer? Ecco, quello deve essere il vostro punto di riferimento per capire cosa potete trovare all’interno di “Merciless”, un lavoro dove, davvero, non si fanno prigionieri di alcun tipo. Le botte, in tutti i sensi, sono presenti attraverso pezzi al fulmicotone come “The Purge” con George Fisher dei Cannibal Corpse come ospite o “Psychopath” che fanno capire come il Nostro, insieme al suo sodale storico Ernie C, non abbia smesso di sputare veleno e rabbia. Questo è un album nero, oscuro che non ha lati melodici, se non in “Live Forever” che vede la partecipazione di Howard Jones, ex leader dei Killswitch Engage. Il ritornello, da sballo, è l’unica concessione radio oriented che la band si concede, oltre alla cover ultra-chiacchierata di “Confortambly Numb” dei Pink Floyd. Una canzone del genere, intoccabile a nostro avviso, è stata riletta a proprio modo dai Body Count che, per non farsi mancare nulla, sono riusciti nell’impresa di coinvolgere proprio David Gilmour che ha rinvigorito con il suo tocco unico ed inimitabile uno degli assoli più emozionanti della storia del rock. Per il resto è tutto un insieme di proiettili impazziti, impreziositi da ospiti importanti come Max Cavalera che regala il suo imprinting unico nella terrificante “Drug Lords”. Per il resto i riff di chitarra sono taglienti come lame, il drumming si rivela una potenza della natura e il rappato di Ice T fa impallidire per forza e capacità di ferire miriadi di suoi colleghi più giovani che tanto vanno di moda tra le nuove generazioni. Ice è un duro e puro e il suo modo di chiudere l’album con una fuoriserie come “Mic Contract” certifica la bravura di uno degli ultimi personaggi irriducibili della storia del rock.