La mia (relativamente) lunga esperienza in fatto di ascolti, mi ha portato col tempo a vedere il rock sullo stesso piano di una scienza esatta: c’è chi è in grado di suonare rock, e pure bene, e chi no. Danko Jones e i suoi due compari fanno, chiaramente, parte della prima categoria. E questo non si scopre di certo oggi, l’esperienza live e in studio è dalla loro. Però noi, fruitori di musica, non siamo mai soddisfatti a sufficienza di quello che ascoltiamo, vogliamo sempre qualcosa di migliore. E qui che sta la grandezza di questo cd: l’impresa del quinto studio album era, in partenza, una strada in salita, poiché era molto difficile fare meglio di quel ‘Sleep Is The Enemy’ che ben si avvicina all’epiteto di capolavoro del rock contemporaneo. Così, pensando alla struttura di quel lavoro, il buon Danko ha deciso di prendere una strada relativamente diversa. Relativamente, perché nonostante forti dissomiglianze, lo stile del trio canadese è in ogni caso inconfondibile. E’ l’approccio generale che cambia in questo caso: i tre canadesi hanno speso più tempo del solito su undici tracce dall’altissimo potenziale commerciale, ci hanno lavorato sopra in maniera minuziosa per mettere a posto ogni dettaglio, hanno assoldato Nick Raskulinecz alla produzione (uno che si scomoda per Foo Fighters, Rush, Death Angel, Trivium mica robetta) e, tirando le somme, hanno prodotto un album che trasuda rock dall’inizio alla fine, ma in una maniera diversa rispetto a ‘Sleep Is The Enemy’. La velocità, l’irruenza e il suono grezzo di quel cd sono sostituiti in questo caso da un’immediatezza incredibile, un grande ricorso alla melodia incisiva e di facile apprendimento, e da una pulizia di esecuzione che lascia sbalorditi. Da ‘Code Of The Road’ (imbarazzante quanto sia trascinante) fino alla conclusiva titletrack, ‘Never Too Loud’ dà all’ascoltatore un pieno senso di soddisfazione, per la qualità e per la varietà delle soluzioni. C’è spazio per un potenziale superhit da radio come ‘Take Me Home’, pezzi più movimentati come la splendida ‘Your Tears My Smile’, ritornelli decisamente catchy come in ‘King Of Magazines’, ma il punto più alto lo si tocca, ancora con una volta, con la partecipazione dell’icona dello stoner John Garcia, affiancato anche da Pete Stahl, nell’anthemica ‘Forest For The Trees, con il suo incedere lento, ipnotico, assolutamente desertico. Un album che si ascolta tutto d’un fiato (anche perché non dura molto, come da tradizione!), con la sensazione che non ci sia una singola traccia da saltare, e che nel complesso può essere considerato splendido non solo per il suo altissimo potenziale commerciale, ma soprattutto per l’incredibile capacità di ricorrere costantemente alla melodia senza perdere mordente. Insomma, chi ama il rock, non può non amare Danko Jones.