Credo che per qualunque band che abbia ottenuto successo negli anni ottanta o novanta sia complicato adattarsi al mercato di oggi dominato dai social network, dall’insussistenza delle vendite degli album e dalle nuove tecnologie di registrazione. In questo senso il metal ha subito meno cambiamenti radicali rispetto ad altri generi ma sono tante le icone, idolatrate agli esordi, che sono finite nel macero della stampa o si sono dovute accontentare di qualche tour celebrativo accettando di non essere più in grado di bilanciare passato e presente senza deludere il vecchio seguito. Gli stessi Slayer, prima e dopo la tragica scomparsa di Jeff Hanneman, hanno rischiato di fare brutte figure, deragliare, denunciare una crisi di identità dopo avere difeso per decenni il loro status di band incorruttibile. E' anche per questo motivo che sussistevano parecchie perplessità attorno al successore del controverso ‘World Painted Blood’ e le anteprime in rete non avevano soddisfatto in pieno. A ricoprire il ruolo di chitarrista accanto a Kerry King è stato scelto Gary Holt degli Exodus e sinceramente non credo potesse essere trovato un sostituto migliore. In sede live ha già confermato di essere il massimo per quel ruolo. Per rimediare invece all’ennesimo litigio con Dave Lombardo è stato richiamato Paul Bostaph e fin dai primi minuti si percepisce come ‘Repentless’ sia soprattutto il “suo album” e non a caso gli altri membri si sono affrettati a sottolineare in fase di presentazione come la sua prova sia stata superba. In effetti ad una prima lettura si scoprono immediate similitudini con un altro full lenght che lo aveva visto protagonista ovvero ‘Divine Intervention’, per chi scrive un capolavoro assoluto, mentre le chitarre richiamano alla mente più ‘Christ Illusion’ che il precedente lavoro in studio. Ancora una volta Terry Date si è superato e semmai il limite è rappresentato dalla voce di Tom Araya che ormai è andata a farsi benedire. Sarà difficile riproporre dal vivo assalti sonori come ‘Vices’, ‘Chasing Death’ e ‘You Against You’ ma sentirli su album è comunque piacevole dopo che ‘When The Stillness Comes’ e ‘Implode’ erano sembrate compassate e forzate. Altri passaggi sontuosi sono rappresentati dalla title track, in pieno stile Slayer con un paio di stacchi ritmici micidiali, e ‘Cast The First Stone’ che dimostra come i californiani sappiano ancora provocare dolore sebbene con tempistiche meno rapide di una volta. ‘Take Control’ e ‘Atrocity Vendor’ sono invece i classici “pezzacci” da consumare dal vivo mentre i fans pogano a testa bassa e la temperatura nell'arena è salita a vette inaudite. Nulla di imperdibile, nulla che non spinga a riprendersi masterpiece come 'Reign In Blood' e 'South Of Heaven' ed ascoltarli a ripetizione. Detto questo 'Repentless' è un album degno di fare parte della discografia degli Slayer e di omaggiare la memoria di uno dei più grandi chitarristi della nostra generazione. Dubito che in molti riusciranno ad immettere sul mercato materiale migliore entro la fine dell'anno ed in tutta sincerità non so se questo è un bene o un male. Gli Slayer però ci sono sempre. Non mollano. Rappresentano una certezza per tutti e quando il frontman grida “Let's get high” qualche lacrima scende per forza.