Adesso che le vicende legate alla stirpe degli antenati delle popolazioni scandinave stanno ricevendo una risonanza mediatica superiore alle band viking metal si è manifestato il dubbio di scegliere una produzione più commerciale oppure legarsi ancora di più alle proprie origini e fregarsene degli indici di vendita. In questo senso gli Amon Amarth, forse traditi dalla volontà di non perdere il dominio sulla scena, hanno preferito la prima soluzione ed il risultato è un album che, soprattutto a livello ritmico, non fa male come altri che lo hanno preceduto. La tecnica degli svedesi è sempre sbalorditiva e negli anni la band ha imparato a produrre sempre meglio i propri lavori. 'Jomsviking' vive però di troppi alti e bassi per convincere in pieno e il distacco tra i pezzi migliori e gli altri è significativo. Il concept ruota attorno ai guerrieri di Jomsborg che durante il decimo secolo vendevano le proprie virtù belliche al migliore offerente. Roba da fare impazzire i seguaci di 'Vikings' – a dispetto della scarsa sostanza di 'Northmen – A Viking Saga' che ha visto la partecipazione di Johan Hegg – che però non si traduce in musica leggendaria. Il primo singolo 'First Kill' è una discreta opener e funzionerà anche dal vivo, 'Wanderer' è swedish metal senza troppi fronzoli mentre 'On A Sea Of Blood' e 'One Against All' cercano di emulare i passaggi più epici di 'Deceiver Of The Gods' e 'Surtur Rising'. Deludono invece 'A Dream That Cannot Be', in cui appare la teutonica Doro Pesch, e la maideniana 'At Dawns First Light'.