John Corabi, Brian Tichy, Doug Aldrich e Marco Mendoza sono professori dell'hard rock. I professori, quando si trovano assieme, spesso litigano, discutono su questioni teoriche o mettono avanti la loro presunzione alla conoscenza della materia. In questo caso, giunti alla terza assemblea, i professori hanno trovato il modo di combinare il loro talento e rendere omaggio al genere che amano in maniera encomiabile. 'Make Some Noise' non è soltanto uno dei migliori album che ascolterete quest'anno ma soprattutto la dimostrazione che anche grandi musicisti, ricchi di ego e con una carriera spaventosa alle spalle, possono tornare umili e battere i più giovani su quello che dovrebbe essere il loro campo ovvero la freschezza, la potenza e l'aggressività. A riunirli è stato David Lowy (Red Phoenix, Doc Neeson's Angels) che con questo terzo album dimostra di avere condotto la band nella direzione giusta dopo l'eccellente ‘Revolución’. La grinta e la tecnica del frontman che ha militato nei Mötley Crüe e nei The Scream sono micidiali e l'opener 'Long Way To Go' è un manifesto essenziale. 'Make Some Noise' è soprattutto la sua vittoria perché John Corabi è davvero uno dei cantanti più sottovalutati dell'intera scena rock e, Vince Neil a parte, la sua carriera avrebbe meritato ben altro riscontro. Al posto di Richard Fortus abbiamo il chitarrista che ha legato la sua fama a Dio e Whitesnake e 'We All Fall Down', 'Song And A Prayer' e 'All The Same' sono tre tracce in cui la sua classe emerge cristallina. Pazzesche anche le due cover ovvero 'Fortunate Son' dei Credence Clearwater Revival e 'Join Together' dei The Who che completano una scaletta priva di cali di tensione. Tanto classic rock, blues, superbe, riferimenti agli anni settanta e ottanta, agganci alla discografia di Led Zeppelin, Rolling Stones, Bad Company, KISS e ovviamente Whitesnake. Una produzione stellare a cura di Marti Frederiksen (Aerosmith, Def Leppard, Mötley Crüe, Buckcherry). Impossibile chiedere di più.