Ho amato visceralmente i Motorpsycho di ‘Demons Box’, ‘Timothy’s Monster’ e ‘Blissard’. Un periodo nel quale Bent Saether e Snah Ryan sembravano veramente possedere un tocco magico col quale trasformare ogni accordo, ogni melodia sognante, ogni riflessione in qualcosa di speciale. Con il passare degli anni il loro approccio compositivo si è fatto sempre più introspettivo e intimo perdendo in incisività e facendo passare presto nel dimenticatoio i norvegesi. ‘Black Hole/Black Canvas’ segna invece il ritorno a quelle sonorità che erano andate perdute nel tempo con atmosfere da ospedale psichiatrico presto invase da fraseggi malinconici, bassi saturi e chitarre stoner (‘Coalmine Pony’). Un doppio cd che esplora ancora una volta l’inconscio malato che è in ognuno di noi, quel sottile quasi invisibile legame che ci sottrae per un attimo al concederci in totale viltà ai condizionamenti esterni. A cantare ‘29th Bulletin’ sembra sia un angelo con le ali sporche di olio, deturpato nel fisico ma non nell’anima e capace di trasportare in musica i movimenti percettivi delle sue palpebre e i sussulti interiori che lo rendono improvvisamente mortale. ‘No Evil’, ‘Triggerman’ e ‘Fury On Earth’ sono altri piccoli capolavori che ci riconsegnano un gruppo di cui non potevamo davvero fare a meno.