Col passare degli anni i finlandesi hanno saputo allontanarsi dagli stilemi che avevano caratterizzato i loro esordi mantenendo un discreto seguito e togliendosi qualche altra soddisfazione. Credo che ormai anche l'egocentrico Tony Kakko abbia capito che sarà difficile ripetere l'exploit di inizio carriera e lo troviamo più rilassato, affabile nelle interviste e entusiasta di sperimentare. Dal punto di vista vocale 'The Ninth Hour' è forse il migliore album in assoluto della discografia della band e questo perché in scaletta non capita di imbattersi in passaggi a vuoto, ritornelli che non siano facilmente memorizzabili o disegni armonici di poco conto. Al contrario gli arrangiamenti spiccano per semplicità ed efficacia anche quando i riferimenti a Nightwish e Stratovarius sono evidenti. È da sottolineare inoltre la performance di Elias Viljanen, ormai un vero guitar hero in patria, che impreziosisce le tracce con un gusto tipicamente americano. Si parte con 'Closer To An Animal' e 'Life' che in pochi minuti mostrano l'intero bagaglio di influenze dei musicisti in questione. 'Till Death Done Us Apart' e 'Rise A Night' sono i pezzi che faranno trasecolare i vecchi fan mentre la ballata 'We Are What We Are' è un palese tentativo di allargare ulteriormente lo spettro di azione. In ogni caso siamo un gradino sopra a 'Pariah’s Child' che già aveva convinto in parecchi.