In attesa di ascoltare l'opera composta da Kjartan Sveinsson, i danesi immettono sul mercato un capolavoro di musica contemporanea rispondendo all'invito del Copenhagen Opera Festival per la realizzazione di una serie di performance, adesso masterizzate su supporti digitali o vinile. Tra l'altro le registrazioni sono state supervisionate da Francesco Donadello che ricordiamo con Offlaga Disco Pax, Giardini Di Mirò e The Julie's Haircut. Insieme a Karsten Fundal gli autori di 'Parades' e 'Piramida' si sono spinti ancora più in alto in termini di visione e approccio compositivo costruendo una squadra impensabile di artisti che riporta alla memoria esperimenti passati dei The Knife. Oltre a Casper Clausen troviamo altri quattro cantanti ovvero i soprani Lisbeth Balslev e Katinka Fogh Vindelev (We Like We), il basso Nicolai Eslberg (Spillemændene) e il controtenore Morten Grove Frandsen. Il risultato è un intrecciarsi di voci, sussurri, controcanti, atmosfere sensibili e vitree, crescendo strumentali e stacchi melodici imponenti allorché sullo sfondo si issano ambientazioni teatrali ottocentesche o squarci moderni di un autunno che rimarrà sempre la stagione più decadente. L'obiettivo primario era quello di rompere le convenzioni dell'opera come genere e scrivere un pezzo ciclico sui temi della perdita e del distacco e in questo senso titoli come 'Cities Of Glass', 'The Colour Not Of Love', 'Leaves' e ancora 'No Longer Me' e 'Eye Of Growth' sono solo sottoinsiemi di un insieme più grande e ambizioso. Presi singolarmente, sarebbero memorabili e in certi ambiti anche potenziali singoli. Nella loro complessità diventano strumenti di analisi psicologica e media per comprendere meglio sé stessi e gli altri. 'Leaves – The Colour Of Falling' segue una sceneggiatura precisa, regala un volto ed un nome ai vari protagonisti della storia e, mentre gli arrangiamenti si fanno cinematici e straordinariamente epici, mette a dura prova l'ascoltatore ponendolo spesso di fronte a delle scelte. I più open-minded di voi sapranno decidere facilmente. I restanti forse avranno maggiori difficoltà e saranno consapevoli della grandezza dell'opera solo dopo essersi costruiti delle basi. Steve Reich, Philip Glass e Nils Frahm su tutti. A quel punto gli sforzi del trio, in precedenza attivo con Vincent Moon e la Sydney Opera House, e della loro Happy Hopeless Orchestra verranno ripagati totalmente così come i testi della poetessa Ursula Andkjaer Olsen. Non avendo potuto assistere allo spettacolo allestito presso il teatro Sort/Hvid, con la scenografia di Marie Rosendahl Chemnitz e la regia di Christian Lollike mi sono calato in questo album ad occhi chiusi cercando di immaginare contesti e scenari, paesaggi e colpi di scena. Vi posso dire che sono rimasto allibito da tanto genio e che a questo punto avvicinare gli Efterklang ai Sigur Rós non è più un azzardo.