Possiamo affermare che questo è il vostro disco più “americano”?
Non saprei dirti se è americano, ma di sicuro è il nostro disco più diretto. Abbiamo snellito certe strutture compositive che ci sembravano un po’ passate e questa manciata di canzoni è senza dubbio la più heavy da diversi anni a questa parte.
Trovi quindi che dark power metal sia ancora il termine più adatto a descrivere la vostra musica?
Sì, il motivo è molto semplice. Ci sono tantissime power metal band in circolazione. I classici ovviamente, ma anche tanti gruppi nuovi molto bravi. Alcuni di essi omaggiano il passato e lo fanno benissimo. Nulla da dire a riguardo. Ma altri, e tra questi inserisco anche gli Orden Ogan, cercano di proporre qualcosa di differente e non cantiamo di draghi e cavalieri. Non so se dark power metal sia il termine giusto ma è comunque un modo per fare capire che proviamo a distinguerci dal resto della band.
Anche la scaletta di ‘The Order Of Fear’ è piuttosto varia.
Sono d’accordo. Alcune tracce sono facilmente riconoscibili per i fan della band. Altre invece, mi viene in mente ‘Conquest’ per esempio, sono la dimostrazione che possiamo proporre qualcosa di nuovo e interessante. L’obiettivo era pubblicare un disco meno melodico di ‘Final Days’ e più heavy di tutti quelli che sono usciti in precedenza e credo che ci siamo riusciti.
Parlarci di ‘Conquest’ allora..
Si è rivelata una delle migliori canzoni che abbiamo mai scritto. Sarà uno spettacolo suonarla dal vivo e credo rappresenti bene questo periodo della band. Siamo più heavy, spontanei e autentici. La chitarra è sempre in primo piano ma ovviamente le parti orchestrali giocano un ruolo determinante.
Com’è stata la transizione tra ‘Final Days’ e ‘The Order Of Fear’ considerato tutto ciò che è successo nel frattempo?
Normalmente la routine è scrivere un album, andare in tour, tornare in studio con delle nuove canzoni e così via. La pandemia è stato un periodo complicato per tutti e ha mutato il comportamento delle persone in tutti i settori e di conseguenza anche in quello musicale. Il processo di scrittura non è stato così diverso ma, come hai detto, sono successe tante cose e abbiamo cambiato etichetta.
Il processo quindi è stato semplice?
No, non è stato un compito facile. All'inizio eravamo in un vicolo cieco. Sapevamo dove volevamo andare, ma non facevamo progressi. La svolta è arrivata quando un nostro fan dell'Uruguay ci ha fatto ascoltare alcune suo cover dei nostri brani. Seeb lo ha chiamato e poco dopo era chiaro che avremmo composto assieme. Aveva in mente una storia in stile Hollywood e così lo abbiamo assecondato e suona su tre brani del disco. Le vicende di Alister Vale sono state raccontate sotto un velo più oscuro.
Trovi che ‘Final Days’ sia stato un po’ sottovalutato?
In termini di recensioni e feedback da parte dei fan non direi, ma sicuramente avremmo potuto promuoverlo meglio. Siamo riusciti ad andare in tour ma abbiamo anche dovuto annullare tante date. Questo è anche il motivo per cui in questo nuovo album volevamo che le chitarre avessero un peso specifico maggiore. I pezzi di ‘The Order Of Fear’ sono meno sperimentali, se vogliamo più grezzi e live-oriented.
Pensi che il power metal possa rivivere un periodo d’oro come quello dei capolavori di Blind Guardian e Helloween?
Quando ho iniziato ad ascoltare power metal non era un periodo tanto migliore di adesso. Gli anni ‘80 si erano chiusi e dagli Stati Uniti provenivano tanti nuovi generi che mettevano in secondo piano l’heavy metal più classico e melodico. Poi, come spesso accade, le cose vanno per cicli. Ci sono dei periodi fortunati ed altri meno fortunati e la consistenza di una band si vede anche da come reagisce ai momenti difficili.
Nella limited edition del disco c’è pure un gioco da tavolo. Sei un appassionato?
Non personalmente, ma ad alcuni nella band piacciono di più. L’artwork di Dan Goldsworthy si addice comunque molto.
Ho notato una cosa. Reigning Phoenix Music parla di ‘Vale’ come del vostro debutto. E con ‘Testimonium A.D.’ come la mettiamo..
In realtà quello non è proprio un album. È più una sorta di demo. Nei testi ci sono dei riferimenti sia alla storia di ‘Vale’ che a quella di ‘Ravenhead’, un lavoro a cui sono molto legato perché per la prima volta ho detto la mia in termini compositivi, e trovo molto bello che ci siano incroci di questo tipo.
(parole di Niels Löffler)