Siete nel bel mezzo del tour. Tantissime date in Italia, oltre oceano ed in Europa. Tra poco andrete a Londra sfruttando l’onda della pubblicazione dell’album, quanto questo tour vi ha spossato ma al contempo soddisfatto e che differenze avete trovato nei vari contesti?
Dalle nostre parti la situazione anomala nel bene e nel male, in Italia vi sono potenzialità enormi che spesso non si trovano all’estero ed io sono veramente felice di suonare qui, è comunque vero che suonare fuori dall’Italia ci ha dato quella libertà che stavamo un po’ perdendo, in quanto ci sentivamo come in una “gabbia dorata”, situazione che invece all’estero non esisteva per niente, negli States suonavamo in club con massimo un migliaio di persone, oramai in Italia tutto questo non potrebbe succedere.
Quindi il voluto ritorno al cantato in inglese?
Non è propriamente un ritorno, noi non pensavamo di cantare in inglese, lo abbiamo fatto perché c’era un disco che usciva all’estero; quando siamo stati contattai dalla “One Little Indian” ci hanno detto che quella era la condizione per poter lavorare con loro, altrimenti il disco non avrebbe avuto alcuna risonanza in quanto l’Italiano è praticamente sconosciuto oltre confine,quindi per avere un minimo di attenzione. È anche vero che cantare in inglese mi diverte tantissimo,essendo completamente diverso dal cantare in italiano. È stato inoltre possibile poter rivedere l’album con il senno di poi potendogli apportare delle modifiche che ci sembravano necessarie anche nel suono. Inoltre questa situazione è stata come ripartire da zero, all’estero eravamo totalmente sconosciuti, il pubblico non aveva assolutamente idea di chi fossimo. Comunque ripensandoci non useremo quasi per niente l’inglese qui in Italia, come d’altronde non partoriremo mai un album con canzoni miste inglese/italiano, preferiamo tenere separate le cose, per ottenere una certa omogeneità stilistica. Poi, vedi, sono venute fuori situazioni non molto positive riguardo questa operazione, tutto ciò dispiace, anche se alla fine rientra tutto nel bilancio tra i pro e contro. Posso comunque dire che va bene così.
Mi conduci direttamente alla riflessione sulla scena musicale italiana, dove non si riesce ad avere un unione tra le piccole scene, confrontando ad esempio una scena come quella scandinava dove vi sono dichiarazioni d’apprezzamenti tra band musicalmente opposte tra loro, cosa che qui non avviene assolutamente.
Hai perfettamente ragione, il fatto è comunque questo è un paese fatto di comuni totalmente staccati tra loro che furono legati insieme da un’èlite di intellettuali 150 anni fa, le divisioni tra mentalità ancora resistono portando con se sempre pessimismo, scetticismo riguardo tutto ciò che succede fuori dalle proprie mura, ed è un vero peccato. All’estero si ha una mentalità nazionale molto più solida e fiera(senza dover arrivare a estremismi quali il nazionalismo),si è più consci dell’importanza di riconoscersi all’interno di una identità e quindi risultano più facili e stimolanti le collaborazioni e gli attestati di stima anche tra chi pensa le cose in maniera differente. Qui è più facile autodistruggersi ogni volta che c’è qualcosa di buono piuttosto che tentare il salto e rischiare. La cosa più importante che ho capito è che per poter combattere (almeno per ciò che mi riguarda) tutto ciò è essenziale continuare ad essere se stessi e fare ciò che più ci piace ed andare avanti per la nostra strada. Questi sono comunque svantaggi che si tramandano di generazione in generazione che certamente non cambierà in breve tempo, al contempo è importante non farsi condizionare
da ciò, anche se tutto ciò è un peccato .
Peccato per chi è all’estero che non riesce facilmente a poter conoscere realtà italiane di elevata qualità, e al contempo perchè qui spesso si preferisce assorbire totalmente modi di fare altrui, risultando poi solo una brutta copia.
Io non sarei così cinico e pragmatico e poi comunque è anche giusto che le persone possano decidere riguardo ciò che vogliono ascoltare. È vero, esiste ed è molto rilevante questo problema di esterofilia ma io parlerei anche di una sorta di complesso d’inferiorità che porta all’eccessiva intellettualizzazione su tutto ciò che si fa, piuttosto che farlo semplicemente .Ciò è un limite gigantesco, soprattutto considerando che maggiori potenzialità proprio a livello “genetico” che esistono nel nostro paese, vengono frenate da questa minore libertà mentale, data da tale eccesso di rigidità.
Siete anche riusciti ad entrare in contatto con Greg Dulli e Mark Lanegan (Screaming Trees). Per esempio, come è avvenuta la conoscenza di quest’ultimo?
E’ avvenuto tutto per caso, non ci sono state, anche se sembra difficile a crederci, situazioni progettate a tavolino. Mark aveva ascoltato degli estratti dei nostri dischi da non so chi e, a Los Angeles, nel 2004, ho avuto modo d’incontrarlo e ricevere apprezzamenti da parte sua. In seguito è venuto il tour dei Twilight Singers, per i quali ho suonato le tastiere, sicuramente la conoscenza con Dulli ci ha aiutato ad approfondire la reciproca conoscenza.