Quanto è intricato il vostro labirinto? C'è un'uscita?
Sicuramente è bello intricato. Abbiamo preso come spunto la storia di Teseo perché è una bellissima metafora di qualcosa che riguarda prima o poi un po' tutti ovvero la ricerca di sé stessi. E' questa la nostra più grande paura anche se c'è chi questa ricerca la affronta più spesso e chi meno. Mi ha colpito molto il discorso del riconoscimento delle proprie radici e Teseo è un esempio perfetto visto che scopre di essere il figlio di Egeo, di un re, solo alla fine dell'adolescenza. Trovo bellissima anche la presa di responsabilità di fronte al padre che è sottomesso ad una condanna quasi fosse un retaggio da affrontare per forza. Il labirinto è il viaggio che ognuno di noi intraprende per scoprire se' stessi e le cose che ci spaventano. Purtroppo troppe persone si chiudono al loro interno e non seguono i propri sogni per paura. Un altro elemento che abbiamo voluto accentuare è la presenza di Arianna che simboleggia l'altro in generale. Abbiamo sempre bisogno di un aiuto o di una ragione ed è fondamentale sapere riconoscere i propri limiti. L'uscita dal labirinto è quindi relativa. Lui esce ma compie altri errori e questo è una costante nei nostri concept. La abbandona sull'isola di Nasso e dimentica i vessilli neri sulla nave spingendo il padre al suicidio.
Cosa avete chiesto a Colin Marks in termini di artwork?
Una rappresentazione molto diretta. Amiamo la complessità della musica e delle liriche ma vogliamo un aspetto visivo forte. E' singolare il fatto che il labirinto si perda nell'infinito come se ci fosse qualcosa di ancora più complesso che non riusciamo a vedere fino in fondo. Questo trasmette un senso di angoscia. Anche il titolo dell'album 'Labyrinth' esprime un caos organizzato ma siamo comunque attenti alla forma canzone. Il songwriting non si basa solo sulla bellezza di un riff o di una parte di batteria ma sulla ricerca di arrangiamenti strutturali.
Le registrazioni si sono svolte presso i 16th Cellar Studio con Stefano Morabito come produttore. Cosa vi ha spinto a questa scelta? Ne siete rimasti soddisfatti?
Portare a termine un processo del genere comporta una difficile organizzazione spazio temporale. La pre-produzione è importante perché basiamo su di essa buona parte della composizione. Per la scrittura usiamo Cubase e anche se le metriche vengono sviluppate prima le voci sono eseguite solo in fase di registrazione. A quel punto apportiamo delle correzioni. La scelta di lavorare ancora con Stefano nasce dall'esperienza precedente. Nel nostro genere è decisivo avere una collaborazione massiva con il proprio produttore e con lui c'è una conoscenza reciproca profonda. Il mixaggio è stato estremamente complesso perché abbiamo inserito una sezione intera di orchestra, pianoforte, growl, scream e numerosi layers di chitarra e batteria. Pensa che nel ritornello di 'Towards The Sun' ci sono sei voci che danno un effetto corale. Da entrambe le parti c'era la volontà di ottenere un grande risultato.
Vi siete ispirati a qualche album per la produzione?
I riferimenti principali sono 'Abrahadabra' dei Dimmu Borgir, 'The Great Mass' dei Septic Flesh, 'Demigod' e 'Evangelion' più qualcosa degli Ex-Deo.
Il grande pregio, e forse allo stesso tempo il difetto, di 'Agony' era la sua inclassificabilità. Avete cercato di cambiare qualcosa con questo album o vi mantenete trasversali rispetto a quanto proviene dalla scena metalcore statunitense?
Ci siamo messi ancora più di traverso. Nel disco puoi trovare tanti spunti che prima non c'erano. Quello che più ci piace è il fatto che ci stiamo inquadrando in un genere che è quello dei Fleshgod Apocalypse. Una definizione maggiore. Dal punto di vista commerciale devi cercare di trainare la cosa e questo fa parte del gioco ma noi seguiamo l'istinto. In più i progressi tecnico-compositivi sono evidenti. Abbiamo accumulato maggiore esperienza e il disco è più bilanciato. Un difetto di 'Agony' era secondo me l'eccessiva pienezza del suono. Siamo sempre violenti e veloci ma abbiamo razionalmente cercato di arrangiare l'album con momenti di tensione e rilascio.
L'altra volta che ci siamo sentiti eravate in procinto di partire per il Summer Slaughter. Come è stata l'esperienza americana? Quali sono le differenze con i tour organizzati nel vecchio continente?
E' stata un'esperienza fighissima. Fino a quel momento avevamo fatto degli altri tour anche negli Stati Uniti ma con parecchie differenze considerata l'esposizione che ci ha dato il contratto con la Nuclear Blast. L'edizione del Summer Slaughter di quell'anno è stata un grande successo. La bill era molto varia e piena di gruppi che portano gente. Per la prima volta avevamo la formazione al completo con Francesco al pianforte. Gli americani tendono a buttarsi piu rapidamente in tutto quello che è nuovo e questo ha i suoi pro e i suoi contro. Conquistare l'Europa è più complicato visto il grande background culturale ma anche mantenere lo zoccolo duro negli Stati Uniti è difficile. Nel breve termine l'atteggiamento degli americani è positivo perché nonostante suonassimo secondi in scaletta c'era una marea di gente a vederci. La loro è un'attitudine quasi avanguardistica. Non gliene frega nulla se esisti da un giorno o da vent'anni. Anche in Europa in ogni caso abbiamo avuto un'esperienza bellissima con il tour assieme ai Septic Flesh che si preannunciava un punto interrogativo e invece è andato molto bene.
Quali sono le band che ti hanno maggiormente impressionato tra quelle con cui avete suonato?
Sono rimasto allibito dai Suffocation anche se adesso hanno subito diversi cambi di formazione. Ci hanno richiesto personalmente negli Stati Uniti perché supportano l'underground. Posso assicurarti che ho visto tutte e trenta le date. Nel loro caso non ti stanchi mai perché associano il death metal grezzo della vecchia scuola con una padronanza tecnica spettacolare. Davvero sensazioni mai provate in precedenza. Poi mi hanno impressionato i The Black Dahlia Murder che dal punto di vista esecutivo sono letali! Sembrano delle spade! Inoltre sono simpaticissimi ed è quindi divertente girare con loro. Infine posso dirti che ho un'ammirazione molto grande per Cannibal Corpse e Behemoth. Suonare con loro è stato un sogno.
Qual è la parte vocale a cui sei piu' legato di questo disco?
In 'Pathfinder' c'è un verso molto bello in cui canto “la caduta è la fonte della mia vittoria, non c'è forza senza un combattimento, lasciami camminare a lunghi passi in questo percorso senza fine, in una vita folle che si presenta davanti ai miei occhi...”
(parole di Tommaso Riccardi)