Dopo il riscontro internazionale di ‘Make Some Noise’ ed un tour che ha superato le più rosee aspettative, il supergruppo che vede protagonisti nomi storici della scena hard & heavy come John Corabi, Doug Aldrich (che ricordiamo con Whitesnake e Dio) e Deen Castronovo (l’ ex Journey e Steve Vai ha sostituito Brian Tichy senza farlo rimpiangere affatto) si è rimesso subito in moto per non perdere ritmo e regalare al pubblico un altro sfoggio della propria classe. Il risultato è ‘Burn It Down’, il solito devastante mix tra hard rock e heavy metal dal quale emergono tanta attitudine, arrangiamenti corposi, tecnica invidiabile e lo smisurato talento del frontman, mai così in forma da quando prestò la sua ugola al discusso ‘Mötley Crüe’. Il chitarrista-fondatore David Lowy e Marco Mendoza (Thin Lizzy, Black Star Riders) completano una line-up stellare che ha dato alle stampe un album ancora più heavy del precedente, strabordante di groove, prodotto in modo impeccabile e capace di infiammare il cuore dei reduci degli anni ‘80 ma pure di attrarre quella sfera di giovani che si muove all’affannosa ricerca di comprendere cosa sia il vero rock. Dieci canzoni che scavano nel passato dei musicisti coinvolti e provocano un forte senso di nostalgia avvalendosi però di una produzione moderna e potente. L’inizio è pazzesco con ‘Resurrected’ e ‘Rise Up’, ‘Bitch’ potrebbe essere stata scritta dai Turbonegro tant’è sfrontata ma anche ‘Judgement Day’ e ‘Leave Me Alone’ non faranno fatica a ritagliarsi un posto nelle prossime setlist.