La pubblicazione di ‘The Last Hero’, oltre all’ennesimo grande tour dal quale sono stati estratti i magnifici ‘Live At The O2 Arena + Rarities’ e ‘Live At The Royal Albert Hall’, è stata seguita da una fase di transizione nella quale Mark Tremonti e Myles Kennedy sono stati impegnati nei loro rispettivi progetti paralleli e hanno potuto riflettere sul riscontro, per la prima volta in carriera non unanime, ottenuto dal suddetto album. Per riunire critica e pubblica hanno quindi scelto di mutare il proprio approccio compositivo e tornare ad avere un sound più simile a quello degli acclamati ‘Blackbird’ e ‘ABIII’ (‘Native Son’ e la conclusiva ‘Dying Light’). Il risultato è un disco dagli spunti vari eppure compatto e omogeneo, tecnico, evocativo e dinamico, ricco di melodie facili da memorizzare ma anche di riff heavy in grado di stordire. Come al solito, parecchio ruota attorno alle figure dei due leader. Tremonti è da tempo consapevole delle sue possibilità come cantante, songwriter e produttore e con dischi come ‘Dust’ e ‘A Dying Machine’ è riuscito a soddisfare le esigenze della fascia più intransigente e metal del proprio seguito. L’ex Mayfield Four è invece uno dei migliori frontman sulla piazza, grande spettro vocale e presa sul pubblico; con il passare del tempo ha saputo affinare uno stile unico e subito riconoscibile, togliendosi lo sfizio di dare alle stampe un pregevole disco acustico. Tutto questo lo ritroviamo in pezzi come ‘In The Deep’, ‘Godspeed’ e ‘Take The Crown’, con rimandi ai Journey, e ‘Dying Light’, che inaugurano una nuova era e rappresentano gli apici di un lavoro destinato a diventare un classico dell’hard rock moderno. In scaletta spiccano pure il crescendo melodico di ‘Wouldn’t You Rather’ e la più sperimentale ‘Clear Horizon’, che precede quella ‘Walking On The Sky’ che ha ispirato il titolo e lascia intendere il desiderio di mirare all’eternità.