Ci sono pochi dubbi sul fatto che Jérôme Reuter abbia ottenuto benefici dalla collaborazione con Nergal, che si è tradotta in due splendidi pezzi per ‘The Lone Furrow’ e ‘New Man, New Songs, Same Shit Vol. 1’. Non che il cantautore lussemburghese ne avesse bisogno, visto che la sua discografia presenta davvero pochi capitoli deboli, ma di sicuro questo approccio più diretto e per certi versi rock ha dato una scossa ad una modalità di rapportarsi al pubblico ed alla sua arte del tutto singolare. Nel suo neo-folk continuano a regnare atmosfere oscure, testi di inaudita bellezza e ricerche sonore e storiche che vanno molto oltre lo spessore culturale medio delle proposte di oggi. La prolificità di questo autore non ha mai intaccato il valore delle canzoni e, stavolta che le melodie sono più affabili e pungenti, il messaggio arriva all’ascoltatore come una coltellata. Si parla di Europa, di vita e di morte, viene citato a più riprese il capolavoro ‘Die Æsthetik Der Herrschaftsfreiheit’ ma in scaletta troverete retaggi pure di ‘Käferzeit’ e inevitabili agganci alle produzioni acustiche ‘Hansa Studio Session’ e ‘The Dublin Session’. Pezzi come ‘Death From Above’ e ‘You Owe Me A World’ sembrano scritti appositamente per essere celebrati dal vivo e l’aperto contrasto con momenti più claustrofobici e riflessivi quali ‘Toll In The Great Death’ e ‘Der Adler Trägt Kein Lied’, per chi scrive l’apice assoluto, mantiene elevato il grado di attenzione. Spettacolare anche la chiusura di ‘Fort Nera, Eumesville’, tra dark ambient, psichedelia e un pizzico di Nick Cave & The Bad Seeds che non guasta affatto. Un musicista straordinario che merita ancora una volta il supporto totale per com’è riuscito, a partire dagli esordi Oi! con i The Skinflicts, a spingersi avanti in un percorso artistico ambizioso ed elitario, senza mai barcollare.