Un ritorno in studio ampolloso e privo di spunti interessanti quello degli americani che ormai da tempo si sono focalizzati su una mera soddisfazione dei fan ed una forma di autocelebrazione al limite del fastidioso. Un peccato perché la tecnica di John Petrucci e Mike Mangini è strabordante e chi ama strumenti come la chitarra e la batteria non potrà che rimanere impressionato da alcuni passaggi, esaltati dal mixaggio di Andy Sneap. Il problema è che buona parte di questi passaggi tecnici risulta priva di fondamento e scevra dal contesto compositivo. La musica progressive, quella vera, alla storia della quale i Dream Theater hanno contribuito in maniera indiscutibile è un’altra cosa e sentire le interpretazioni fredde di Jordan Rudess e James LaBrie fa male al cuore. ‘Awaken The Master’ è l’apice di una scaletta in cui trovano posto anche momenti melodici imbarazzanti come ‘Invisible Monster’ e ‘Trascending Time’, che ai tempi delle sessioni di registrazione di capolavori come ‘Images And Words’ e ‘Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory’ sarebbero stati scartati impietosamente. L’impressione è poi che la band si stia muovendo verso una direzione sonora cinematica che però appare tremendamente forzata e ridondante.