Il sesto lavoro in studio di Nika Roza Danilova è un meraviglioso e disturbante ibrido tra synth pop, industrial, gothic e neoclassica. La recensione potrebbe anche finire qui, ma in questo modo si trascurerebbe quello che è il grande potere di questa geniale protagonista dei nostri tempi. Nella sua musica infatti non ci sono solo note, non c’è solo ricerca sonora o dedizione ad un genere particolare. Nella sua musica c’è qualcosa che ti prende dentro, che ti costringe a scavare all’interno dell’inconscio e tirare fuori i peggiori istinti. ‘Arkhon’ è decisamente oscuro, forse più di ‘Okovi’, ma anche ‘Okovi’ lo era in maniera pesantissima quindi si parla di dettagli. Tentare di comprendere come Zola Jesus sappia costantemente rendere le stratificazioni più impervie è sul serio impossibile. E’ come cercare di capire perché Chelsea Wolfe è in grado di dominare col suo sguardo o perché Trent Reznor riesce sempre a portarti in una dimensione a lui congeniale. Di elettronica ce n’è tantissima e di bellissima (‘Lost’ e ‘Fault’), ma ‘Akrhon’ si impone anche per passaggi tribali (‘Efemra’), progressioni vocali spirituali e sciamaniche e soluzioni alt-pop di più semplice assorbimento (‘The Fall’). Alla batteria troviamo Matt Chamberlain (A Perfect Circle, Laura Marling) mentre la produzione è stata curata da Randall Dunn (Sunn O))), Wolves In The Throne Room) per una commistione da brividi tra apocalisse, visceralità e organicità a tutti i costi.