Premesso che gli americani non danno alle stampe un disco interessante da tempo immemore e che dal vivo sono diventati una macchina noiosa, peraltro senza alcuni degli ingranaggi che negli anni ‘90 hanno fatto la storia del prog metal, queste operazioni commerciali mi danno veramente allo stomaco. In un periodo storico nel quale non si vendono dischi ed i gruppi non riescono ad attrarre le fasce di pubblico più giovani, immettere sul mercato una manciata di demo di dubbio valore appare un controsenso totale. Già fanno ribrezzo le sorprendenti e quasi sempre improvvise scoperte di materiale d’archivio dei capolavori di un tempo. Figuriamoci se i demo o le rarità del caso si rifanno ad un disco recente o sono la testimonianza di un approccio compositivo stantio e incapace di trasmettere alcunché di nuovo. Posso capire i contratti, posso capire che la pandemia ha creato problemi a chiunque – parliamo in ogni caso di musicisti capaci di vendere oltre dieci milioni di copie quindi non certo di poveretti – ma dispiace vedere personaggi come John Petrucci – di cui nutro una stima totale – ed un’etichetta come Inside Out prestarsi a queste cose. In certi casi è meglio dimenticare.