Esattamente come i Depeche Mode, i californiani ci ricordano che dobbiamo morire. Sarà che il fantasma di Mitch Luker aleggia sempre dalle loro parti o che quando un gruppo raggiunge certi livelli è destinato ad essere criticato e giudicato in maniera estremamente pesante, ma è evidente che il successore di ‘Become The Hunter’ non sia paragonabile ai classici. Si tratta di un buon lavoro di deathcore, prodotto bene da Tayler Young (NAILS, Vitriol, Drain..) e con almeno un paio di mine, ma nel complesso può valere un sei e mezzo e non di più. Eddie Hermida è stato assunto per tenere in vita il ricordo del passato e compie il suo dovere ma i Suicide Silence hanno ormai innescato il pilota automatico e purtroppo sanno di stantio anche le soluzioni ritmiche che tendono ad allontanarsi leggermente dagli standard del genere. A loro favore c’è la pesantezza del lavoro ed il fatto di giocare sempre all’attacco, senza porsi troppi problemi di durata dei brani o di melodie da far passare alla radio. In tal senso ‘Capable Of Violence (N.F.W.)’, ‘Fucked For Life’ e ‘Kill Forever’ sapranno accontentare chi ancora è fiero di far parte del loro seguito. Molto bella la copertina dell’artista David Van Gough, in attesa di capire se Chris Garza e Mark Heylmun decideranno di spingere il loro songwriting nella direzione seguita di recente da Lorna Shore, Chelsea Grin o Shadow Of Intent oppure sperimentare in maniera più massiva nell’ottica di quanto proposto da formazioni allucinate come Brand Of Sacrifice e Darko.