Se dovessero chiedermi in questo momento se preferisco Karin Park in versione solista, ma comunque supportata dal marito, o negli Årabrot farei veramente fatica a rispondere e questo perché, come sottolineato da Pelagic in fase di presentazione del disco, c’è una costante atemporalità nella musica dei norvegesi. Quando pensi di aver individuato un’influenza o un punto di riferimento le canzoni improvvisamente sfuggono alla presa, si rigirano in direzioni inattese e danno forma a qualcosa di unico. Succede anche nel successore di ‘Norwegian Gothic’, in cui l’approccio neo-folk del duo si era probabilmente elevato all’ennesima potenza, che celebra il contrasto tra oscurità e luce, regalando melodie ataviche e arrangiamenti in grado di crescere in maniera esponenziale in sede live. Nel corso degli anni il songwriting di Kjetil Nernes si è fatto più commerciale se vogliamo, ma non parliamo certo del profilo commerciale della musica da classifica. Semmai dovremmo ragionare sull’abilità di connettersi col pubblico, di dare respiro alle invettive noise che un tempo erano predominanti (‘Horrors Of The Past’ e ‘Cathedral Light’). Il lavoro è stato prodotto da Alain Johannes (PJ Harvey, Queens Of The Stone Age), che ha visitato la chiesa del villaggio svedese dove il duo vive per collaborare a stretto contatto e rendere gli arrangiamenti più organici possibili. Il cuore pulsante dell’EP dello scorso anno è come un field recording in sottofondo, in ‘Of Darkness And Light’ c’è sangue, tanto sangue. Come al matrimonio di Kill Bill. Ma c’è anche tanta melodia (‘You Cast Long Shadow’), ci sono passaggi armonici struggenti ed atmosfere catartiche. L’ennesimo gioiello di una band che verrà rivalutata a posteriori, come purtroppo spesso succede in questo ambiente disastrato.