Un’ora e mezza di musica che fa venire davvero la pelle d’oca. Il produttore statunitense torna sul mercato con un progetto che affonda le proprie radici nella storia del Cile, nazione di cui è originario, e affossa ancora una volta buona parte della scena. Tutto è nato nel 2020, quando Jaar ha scritto ‘Piedras 012’ su commissione del Museo della Memoria di Santiago del Cile, pubblicando nel frattempo due lavori ipnotici e enigmatici come ‘Telas’ e ‘Cenizas’. Una sorta di danza macabra che si è protratta per quasi cinque ore di musica, ridotta in questa occasione per potere dare a tutti la possibilità di fruirla secondo le modalità di ascolto più comuni, concepita come una trasmissione radiofonica in onore di un artista immaginario. Quello che ci arriva oggi è la sublimazione di una visione illuminata con riferimenti alla dittatura cilena ed alle violenze perpetuate per secoli nei confronti degli indigeni, una visione che passa per invettive dance, ambient e downtempo, guidate da una gusto melodico che travalica ogni confine e da una tecnica compositiva fuori dal comune. A tratti emerge la solarità di un personaggio che non ha mai avuto paura di mettersi in gioco (‘ Aquí’ e ‘Even Heaven Is Uneven’), in altri frangenti tornano fortissime le sue sperimentazioni più recenti (‘Viento’ e ‘El Azar’), con passaggi immersivi, glitch acidi, sirene di guerra e retaggi trance (‘Heterodina/Sin Conexion’). Una forma di psichedelia tutta nuova, volta ad un confronto con la house minimal di oggi e le novità provenienti dal Nord Europa. Quando si dice di un altro pianeta.