L’estetica sonora del quinto lavoro in studio del gruppo progressive metalcore ucraino è rappresentata bene dalla title track posta in chiusura. Prima però succede di tutto e sono dell’avviso che ‘Duél’ sia esattamente l’album di cui avevano bisogno i Jinjer in questo momento. Non solo in questo preciso passaggio della loro carriera, ma soprattutto dopo un disco come ‘Wallflowers’, che aveva contribuito ad allargare la fanbase o comunque confermare il livello di notorietà raggiunto. Tatiana Shmayluk è cresciuta tantissimo in questi anni e con lei la capacità di lasciare il segno di tutto il gruppo. Come il suo predecessore, ‘Duél’ è costruito su groove ipertecnici, ritmiche dinamiche e ossessive, atmosfere cinematiche e dilatate e stacchi vocali brutali. Un sound maturo ma attuale, capace di attrarre sia le nuove generazioni cresciute col deathcore sia chi ha visto esplodere la prima ondata del metalcore e si è fatto raccontare dai fratelli maggiori cosa è successo negli anni novanta. È inoltre evidente come i Jinjer abbiano capito cosa funziona o meno dal vivo e di conseguenza abbiano optato per le soluzioni più adatte alla dimensione live. Non ho dubbi sul fatto che pezzi come ‘Hedonist’ e ‘Kafka’ saranno una bomba in tour e pure ‘Rogue’ e ‘Someone’s Daughter’, in cui si percepisce fortissimo il tocco di Max Morton (Ignea), non sfigureranno accanto ai classici nelle prossime setlist. Ci sarà sempre chi ci troverà troppi riferimenti a Meshuggah e Korn, ma la realtà è che ‘Duél’ possiede una personalità degna di nota e ha tutto per finire tra i migliori dischi del 2025 nonostante sia uscito all’inizio dell’anno.