1. Pioneer To The Falls 2. No I In Threesome 3. Scale 4. Heinrich Maneuver 5. Mammoth 6. Pace Is The Trick 7. All Fired Up 8. Rest My Chemistry 9. Who Do You Think 10. Wrecking Ball 11. Lighthouse
Songs
1. Pioneer To The Falls 2. No I In Threesome 3. Scale 4. Heinrich Maneuver 5. Mammoth 6. Pace Is The Trick 7. All Fired Up 8. Rest My Chemistry 9. Who Do You Think 10. Wrecking Ball 11. Lighthouse
Ci sono gruppi che non hanno bisogno di sfornare album su album frettolosamente per riuscire a rimanere sulla cresta dei trend creati (anzi rielaborati) da loro più insigni colleghi. Ci sono gruppi che possono pubblicare un album dopo tre anni abbondanti tenendo un nutrito gruppo di fan di tutto il mondo sulle spine. Ci sono gruppi che sono delle vere e proprie unità di misura e metro di paragone per altre decine di band. Gli Interpol sono uno di questi esemplari. Nati verso la fine dello scorso millennio, esplosi immediatamente dietro agli Strokes (annientandoli di netto già dopo poco) sono le pietre miliari del nuovo millennio nell’ambito, se proprio lo si vuole catalogare della post-dark-wave (quanto odio i nomi, ma per necessità a volte non si potrà far altro che usarli) arrivando al terzo lavoro in questo, nemmeno troppo caldo, luglio 2007. Il rischio di sbagliare è elevatissimo, la pesante eredità di ‘Turn On The Bright Lights’ e ‘Antics’ rende le luci della competizione tutte orientate sul quartetto newyorkese. E pensare che in questi mesi gli assalti al trono ci sono pure stati e non starò nemmeno a sciorinare i nomi di tutte le band “che ci han provato” fallendo miseramente (tranne gli ottimi Editors), non riuscendo a far altro che indurre tutti noi adepti a pensare a quanto sarebbe stato bello il nuovo disco degli Interpol. ‘Pioneer To The Falls’ è un vero e proprio manifesto di intenti, una porta che si apre scricchiolando in maniera sinistra verso atmosfere cupe e decadenti in grado di raggelare in un sol colpo anche il più afoso degli ambienti, la voce di Banks lenta e meravigliosamente atona ed un finale epico e triste… ‘No I In Threesome’ riprende il gioco utilizzando le stesse carte insospettendo forse per il rischio fotocopia. A questo punto, con ‘Scale’ s’intuisce forse che il disco sta salendo di tono, come per prepararsi ad un evento, ad un fulmine, ad un qualcosa che possa turbare la nostra esperienza di ascolto: ‘Heinrich Maneuver’ è ciò che chiedevamo agli Interpol dopo ‘Slow Hands’ ed è ciò che rialza le sonorità dell’album (e conferma l’intuito precedente), il migliore dei biglietti dei visita (ovvero il singolo trascina album), la canzone candidata ad avere accanto il bollino repeat nel display del nostro lettore. I toni si elevano sempre più, “Mammoth”è a dir poco meravigliosa, gela il sangue e fa pensare che se i Joy Division avessero mai potuto (o voluto) osservare da vicino i loro figli, i Nostri sarebbero stati i Prediletti. Ciò che continua a colpire è la qualità intrinseca dell’album, concetto che supera il gusto personale. Il tempo scorre, ‘Pace Is The Trick’ e ‘All Fired Up ’ introducono ‘Rest My Chemistry’, il cui fraseggio di chitarra (vera ossatura ripetitiva ed osseviva) lancinante arpiona la nostra pelle e tira forte, eccome. ‘Who Do..’ rialza i toni mentre ‘Wrecking Ball’ con le sue tastiere mai intrusive ma meravigliosamente evocative prepara il colpo finale del capolavoro ‘LightHouse’ ed il suo intreccio di voce/chitarre/keys. Finalmente, il nuovo album degli Interpol.