-Core
Watershed
Opeth
Roadrunner Records
Pubblicato il 29/05/2008 da Emanuele Biani
Songs
1. Coil
2. Heir Apparent
3. The Lotus Eater
4. Burden
5. Porcelain Heart
6. Hessian Peel
7. Hex Omega
Songs
1. Coil
2. Heir Apparent
3. The Lotus Eater
4. Burden
5. Porcelain Heart
6. Hessian Peel
7. Hex Omega
Esiste un passaggio che prima o poi tutti i musicisti attraversano, adesso deve essere giunto il turno degli Opeth. Il disco che per orientamento stilistico, attitudine progressiva e libertà d’espressione riesce a riassumere l’intera carriera, nella fattispecie del tutto eccezionale, di una band già predisposta geneticamente alla contaminazione dei generi ed all’abbattimento delle barriere stilistiche. ‘Watershed’ è la cerimonia degli opposti, non a caso celebrata dopo la pubblicazione di un live album, con cui la creatura di Mikael Åkerfeldt stila un esaltante bilancio tra il doom/death melodicamente dilatato degli esordi e la rutilante evoluzione progressive impressa dal genio incommensurabile di Steven Wilson. Dopo ripetuti ascolti, l’opera può collocarsi tra le strutture stratificate ma stilisticamente coerenti di ‘Still Life’ e l’onirico incanto acustico di ‘Damnation’, finendo per assimilare qualsiasi sfumatura artistica compresa tra questi estremi, senza peraltro escludere alcuna variazione sul tema. Al contrario di molti altri episodi discografici del gruppo svedese, l’atmosfera che aleggia lungo i 55 minuti di durata non è necessariamente uniforme, e di conseguenza non costituisce una pregiudiziale al godimento dei singoli brani, che anzi spesso brillano di luce propria al di fuori dell’album nel suo contesto generale. E’ il caso del primo singolo ‘Porcelain Heart’, cangiante fino ai limiti dell’imprevedibilità, della violentissima ‘Heir Apparent’, una scheggia death metal come gli Opeth non proponevano da tempo immemore, e soprattutto della commovente ‘Burden’, magnifica ballata d’indiscutibile derivazione Seventies che ripiega con delicatezza la malinconia tra organi hammond, chitarre soliste in piena dipendenza chimica dai Pink Floyd ed un Åkerfeldt definitivamente consacrato nel ruolo di cantante melodico. Gli ultimi residui di leziosità e gusto accademico, che non a torto sono stati spesso rimarcati dalla sparuta schiera di detrattori, si sono infine disciolti come neve al sole, riconsegnando nelle mani dei fans estasiati l’intima essenza di una band semplicemente indispensabile nel panorama metal odierno. Disco dell’anno? Aggiorniamoci tra qualche mese..
Opeth
From Svezia

Discography
1995 Orchid
1996 Morningrise
1998 My Arms, Your Hearse
1999 Still Life
2001 Blackwater Park
2002 Deliverance
2003 Damnation
2005 Ghost Reveries
2008 Watershed
2011 Heritage
2014 Pale Communion
2016 Sorceress
2019 In Cauda Venenum