Potrei discutere per ore della totale assenza di opportunità di una release di soli sette pezzi per nemmeno trenta minuti di durata ai tempi di oggi. In questo modo toglierei però parole e versi all’analisi di un ritorno veramente eccellente per la band di Fred Durst quindi parliamo di musica che in questo caso è davvero meglio. Tornato a casa madre Wes Borland anche i Bizkit si sono riappropriati di uno stile che con l’ultimo ‘Results May Vary’ sembrava definitivamente perduto alla ricerca di inutili ballate scala-classifiche. Il dischetto che brucia tra le mie mani è invece un concentrato di Rage Against The Machine e crossover all’ennesima potenza con lo stesso Durst impegnato al cento per cento a rendere credibilità al suo progetto. ‘The Propaganda’ e ‘The Priest’ lasciano a bocca aperta per quanta violenza è riuscito a sprigionare un gruppo ormai venduto e stravenduto al mainstream. ‘The Truth’ esplode rovente tra retaggi di ‘Know Your Enemy’ o ‘Township Rebellion’ e una fretta quasi sconsiderata di fuggire al più presto dall’etichetta nu metal. Il giro di basso che la introduce vi manderà completamente fuori di testa incapaci di comprendere se è ancora realtà quella che state vivendo. ‘Imagine accepting the truth’ grida Fred Durst quasi volendo confessare i troppi errori commessi in passato. La sua voce non nasconde comode falsità ma la consapevolezza che l’unico modo per recuperare il terreno perduto è quella di mostrare la propria anima alla ricerca di una migliore percezione di se stessi (e di un’immagine vincente). Verso la fine vengono svelate le due facce di una band che non ha più vergogna di mostrarsi per come è in realtà. ‘The Story’ possiede l’appeal del debutto e finisce di demolire gli ultimi arpeggi melodici rimasti nella nostra mente dall’ultimo album. ‘The Surrender’ al contrario con la sua fisarmonica in sottofondo provoca una drammatica resa strumentale tra noise e melodia. Purtroppo è già tempo di ascoltare nuovamente l’album..