Forse è solo un peccato di presunzione, ma credo di esprimere il pensiero di qualsiasi fan dei Moonspell, quando affermo che la qualità più esclusiva di questa band sia sempre stata la capacità di sorprendere. Poco importa se il passato ha sfoggiato vellutate vesti gotiche o marziali divise black, tecnologici esoscheletri pop o variopinti abbigliamenti gitani. La forma con cui i Moonspell esprimevano la propria, edonistica voglia di stupire non è mai stata altro che un invitante specchietto per le allodole, al cospetto dell’immenso scenario che ogni sostanziale cambiamento svelava innanzi a loro. ‘Darkness And Hope’ è il primo album dei Moonspell che, in termini strettamente evolutivi ed artistici, non aggiunge alcunché di nuovo al passato della band, e si spinge in questa direzione con totale risolutezza, nello stesso modo in cui i suoi predecessori si tuffavano nel baratro della sperimentazione. Un mutamento di pelle che non è avvenuto, una staticità meditata con raziocinio, al di fuori dell’impeto passionale che accompagna ogni rivoluzione; questo è lo spirito di un disco che pare essere stato lanciato sul mercato per svolgere esclusivamente il proprio dovere: quello di vendere. Un intento assolutamente legittimo, che ormai scandalizza solo gli ingenui, ma che rischia di non concretizzarsi per l’alterno livello qualitativo di undici tracce eterogenee e spaesate, che trovano una credibile collocazione stilistica tra la sulfurea inquietudine di ‘Irreligious’ e la perversa immediatezza di ‘Sin/Pecado’. Buona parte delle composizioni sembra risentire di una gestazione confusionaria ed incompleta, presentando delle strofe affrettate e quasi cacofoniche, che spesso confluiscono in ritornelli convincenti e maestosi, condotti per mano dalle armonie vocali di un Fernando Ribeiro piuttosto ispirato. Come nel recente passato, i frangenti più apprezzabili coincidono con i brani più lenti e rilassati (‘Nocturna’ e soprattutto ‘Ghostsong’ sono due piccoli capolavori di minimalismo gothic metal), che innalzano la media del disco su livelli accettabili, facendo dimenticare la sconclusionata title track o lo sciagurato binomio ‘Rapaces’ e ‘Made Of Storm’, masochisticamente piazzato nel bel mezzo dell’album. Da segnalare infine la conclusiva ‘Os Senhores Da Guerra’, cover dei Madredeus interamente declamata in idioma portoghese, e finalmente degna dell’enfasi totalizzante di ‘Irreligious’, un fantasma che i Moonspell sembrano inseguire per tutta la durata di ‘D&H’, ma che forse è già stato inghiottito dall’Aldilà troppi anni or sono.