Come è nata l’idea di realizzare un concept sul terremoto che sconvolse Lisbona nel 1755?
È una parte importante della storia del nostro Paese. Ho approfondito il tema all’università, documentandomi con film, documentari e libri stupendomi di come le fonti fossero quasi tutte provenienti dall’estero. È come se i portoghesi avessero voluto dimenticare. Quando stavamo lavorando al nostro ultimo dvd è nata l’idea di allegare un EP e abbiamo pensato che potesse essere interessante seguire un concept di questo tipo. Una volta iniziato a comporre ci siamo resi conto però che pubblicare un EP sarebbe stato troppo limitante. I nostri programmi sono cambiati in corso d’opera e non a caso ‘1755’ è profondamente diverso da ‘Extinct’. Non è comunque la prima volta che ci ispiriamo a dei testi. ‘Opium’ per esempio, uno dei nostri maggiori successi, nacque dalla lettura di Fernando Pessoa.
È stato complicato cantare in lingua madre?
Era da tempo che volevo farlo ma in precedenza non avevo delle liriche che si adattassero alla musica che volevamo proporre. In questo caso non ci siamo posti nemmeno il problema. ‘1755’ doveva per forza essere cantato in portoghese e così è stato. Il messaggio arriva forte e chiaro. Nelle liriche ci sono tutti gli elementi che hanno sempre contraddistinto i Moonspell ovvero la morte, il romanticismo, la catarsi, la passione e il rapporto con Dio e l’autorità ecclesiastica. Stavolta però il cantato è inserito in maniera migliore nel contesto strumentale. È come se non fossimo cinque membri ma solamente uno.
Perché avete deciso di lavorare con Tue Madsen?
È stato talmente forte il coinvolgimento della band nel processo che probabilmente avremmo potuto produrre l’album anche per conto nostro ma un giudizio esterno è sempre importante al momento di prendere delle scelte e selezionare le canzoni. Tue Madsen può vantare un’esperienza decennale e ottimi lavori con Meshuggah e Dark Tranquillity ovvero formazioni molto tecniche e che come noi curano ogni dettaglio in maniera maniacale. Ci siamo fidati totalmente e averlo al nostro fianco ci ha permesso di concentrarci ancora di più sui nostri compiti. Per esempio, io ho potuto curare le atmosfere che col cantato in portoghese sono inevitabilmente più oscure e spaventose.
Per certi versi pare che i Moonspell siano tornati al passato, alle atmosfere black di ‘Wolfheart’ e ‘Irreligious’. Personalmente ho trovato anche alcuni elementi riconducibili alla tua esperienza con i Daemonarch.
Sono lieto che tu l’abbia notato. Amo il black metal fin dalla tenera età e ho seguito l’evoluzione del genere dagli anni ottanta, soprattutto con i Bathory, agli anni novanta, durante i quali a mio parere Darkthrone e Immortal hanno espresso le idee migliori. Ci sono due aspetti che proprio non mi vanno giù. Il primo è la tendenza fascista o nazista di buona parte delle liriche. Sono messaggi che non posso accettare anche perché noi portoghesi, vista la vicinanza all’Africa, veniamo considerate persone di colore da certa feccia. L’altro aspetto che non mi piace del black metal riguarda la parte live che è eccessivamente caotica e non fa per me. Di recente ho apprezzato il ritorno dei Mayhem al materiale di ‘De Mysteriis Dom Sathanas’ e anche i nuovi lavori di Watain e Satyricon che però hanno chiuso in modo netto col passato.
Il terremoto del ‘1755’ è stata una tragedia ma anche un punto di svolta per la storia del tuo Paese. Non solo Lisbona venne completamente ricostruita ma l’evento scatenò tutta una serie di giudizi in ambito filosofico e letterario. Voltaire ad esempio ne fu profondamente colpito, stimolando il dibattito sull'illuminismo e inserendo l'avvenimento nel suo libro Candido o l'ottimismo.
La mia analisi in tal senso è stata duplice. Da una parte mi sono concentrato su quello che pensò la gente di allora. In molti si chiesero perché Dio li avesse puniti in maniera tanto esemplare. L’altro aspetto interessante è quello che concerne la reazione della collettività, non solo in Portogallo ma in tutta l’Europa intellettuale. La mentalità che si sviluppò a seguito del terremoto fece diventare il nostro Paese più indipendente di come lo era stato fino a quel momento. L’autorità ecclesiastica perse potere, l’inquisizione cessò di esistere e finalmente ci indirizzammo verso il concetto di nazione moderna. Per questo nell’album, più che in qualsiasi altro capitolo discografico dei Moonspell, puoi sentire musica africana, tribale, derivata dalla cultura islamica, tipici suoni del folclore lusitano e cori ecclesiastici.
Chi si è occupato delle orchestrazioni?
Jon Phipps che aveva collaborato con noi anche per ‘Extinct’ e che in passato ha lavorato con Sepultura e Amorphis. ‘1755’ è un’opera orchestrale a tutti gli effetti anche se le parti metal sono accentuate e, non avendo abbastanza tempo e denaro per relazionarci con una vera orchestra, avevamo bisogno di una persona che comprendesse il concept a fondo e interagisse con la band nel migliore dei modi. Jon è un professionista e ha reso l’ascolto multimediale e tecnologico senza privare le canzoni della loro organicità.
Come è nata la collaborazione con Paulo Bragança?
‘In Tremor Dei’ è un pezzo in cui il carico di dolore rende l’esperienza d’ascolto intensa al limite del disumano. Per questo ci siamo rivolti ad un innovatore del Fado, che da anni ha lasciato il Portogallo ma resta un punto di riferimento per la musica tradizionale del nostro Paese e incarna le caratteristiche più oscure del genere.
Hai anche altri progetti in campo letterale?
L’anno scorso ho fondato una casa editrice che si chiama Alma Matter Books And Records. Si occuperà della distribuzione di ‘1755’ in Portogallo e a breve pubblicherà un’antologia di miei racconti intitolata ‘Purgatoriale’. Il nostro chitarrista Ricardo Amorin, che fa pure il giornalista, ha poi seguito la stesura della biografia dei Moonspell che dovrebbe essere disponibile per marzo. Sono progetti che significano molto per noi anche se la musica viene sempre prima di tutto.
(parole di Fernando Ribeiro)