Non ho avuto un impatto facile con la band di Atlanta. Prima, a differenza di altri, non sono rimasto invaghito dal debutto o almeno non l’ho trovato così indispensabile. Poi li ho visti di supporto ai Depeche Mode e, in un contesto da stadio, sono rimasto deluso dalla loro performance. Nonostante questo ho voluto dare fiducia a ‘The Underside Of Power’ e sono stato ripagato totalmente. Con la loro seconda fatica su lunga distanza, gli americani fanno centro puntando su un sound post punk assolutamente non revivalistico e recuperando la verve minimale degli O. Children, nel frattempo spariti dalla circolazione. Influenze gospel, soul, psichedeliche e industriali fanno capolino in una scaletta organica e ben assimilata Adrian Utley (Portishead) e Ali Chant che hanno messo in primo piano il frontman Franklin James Fisher ed il bassista Ryan Mahan e puntato su una produzione originale e controtendenza. Registrato tra New York e Londra, ‘The Underside Of Power’ regala numerosi momenti emozionanti (‘Cry Of The Martyrs’, ‘Death March’ e ‘Animals’) ma è nell’atmosfera globale trasmessa dall’album che si percepisce la grandezza dei ragazzi. Vediamo se con un tour più adatto alle loro possibilità sapranno compiere il definitivo salto di qualità.