Un gospel distorto e malato quello che ci regalano Kjetil Nemes e Karin Park, consapevoli che possono ormai vantare un suono ed uno stile totalmente unici ed incorruttibili. Dopo un full-lenght ambizioso come ‘Who Do You Love’, i norvegesi erano attesi ad una conferma sui medesimi livelli qualitativi ma in realtà hanno fatto molto di più. Questo nuovo album – anticipato dal catartico 'The World Must Be Destroyed' – non è infatti solo un’attestazione di forza ma il capitolo più vario e completo della loro discografia ed al suo interno potete trovare influenze di vario tipo: dagli Swans ai Killing Joke, da Chelsea Wolfe ai Wovenhand, dai Black Sabbath ai Birthday Party. Alcuni punti in comune possono essere trovati con Hey Colossus, Whores. e Yob, se non addirittura con i rumorosi The Body o con i Nine Inch Nails, però è così elitaria la proposta del duo che tracciare paragoni sarebbe alquanto fuorviante. È invece doveroso esaltare l’eccezionale produzione di Jaime Gomez Arellano (Ghost, Paradise Lost), ormai un guru per certe tipologie sonore, che ha donato ulteriore slancio ad una scaletta avvincente arricchita dalle collaborazioni con Lars Horntveth (Jaga Jazzist), Massimo Pupillo (Zu), Tomas Järmyr (Motorpsycho), Anders Møller (Euro Boys) e la violoncellista Jo Quail. 'Fell It On', 'The Lie' e 'Carnival Of Love' sono solo alcune espressioni fortissime di un approccio che prende in prestito dal post-rock come dal noise, dallo sludge come dal doom, e che con il passare degli anni ha reso la musica sempre più raffinata e gotica. A fare la differenza è poi il tipico mood nordico che solo chi è nato a stretto contatto con la foresta ed i fiordi riesce ad esprimere.