L’oscurità ci avvolge e l’unico modo per superare certi momenti è sapersi leggere dentro, scoprire ciò che di più puro si nasconde nella nostra anima e donare agli altri la versione più onesta di noi stessi. Un approccio che Natalie Mering, in passato autrice di album bellissimi come ‘Front Row Seat to Earth’ e ‘Titanic Rising’, ha scelto per non perdere l’affetto dei fan e affrontare a testa alta la concorrenza di colleghe come Phoebe Bridgers, Angel Olsen, Julia Holter e perfino Lana Del Rey. Le dieci tracce in questione sono state prodotte assieme a Jonathan Rado (The Killers, Father John Misty), ad eccezione di ‘A Given Thing’ che è stata completata sotto la supervisione di Rodaidh McDonald (Daughter, Lykke Li), per poi essere mixate da Kenny Gilmore e la scelta è stata quella di estremizzare le caratteristiche sonore dell’artista di Santa Monica, dipinta come una Madonna in copertina. In tal senso i singoli appaiano estremamente melodici e commerciali e che i pezzi più intimisti abbiano un accento ancora più malinconico e vivano di contaminazioni elettroniche. Una bellezza cruda, tra folk, americana e indie pop, che raggiunge i suoi apici in coincidenza di ‘It’s Not Just Me, It’s Everybody’ e ‘Children Of The Empire’, non a caso poste ad inizio scaletta. In rete ho letto che ‘And In The Darkness, Hearts Aglow’, in cui troviamo pure Meg Duffy e Mary Lattimore, è il disco della maturità di Weyes Blood. Non sono sicura, secondo me il suo cantautorato era già adulto prima della pandemia, ma di sicuro è un disco che pone interrogativi, fa riflettere e risplende di una voce sublime.