L’ultima traccia di ‘Varego’ ci aveva lasciati con la curiosità di ascoltare un intero album in lingua madre ed i Varego ci hanno accontentati. Alcuni brani di ‘Denti Di Cane’ rappresentano la naturale evoluzione di ‘Raptus (un passo e muori)’, ma allo stesso tempo i liguri hanno aggiunto nuovi elementi nel calderone compositivo, dimostrando di non essere solo degli eccellenti musicisti ma soprattutto dei grandi appassionati di musica. Scorrendo la scaletta si percepisce infatti una passione smisurata per la musica heavy, per il prog e lo stoner e anche se alcune tinte possono ricordare opere di Mastodon, Voivod, Alice In Chains o Neurosis, come suggerito in fase di presentazione, i colori utilizzati negli arrangiamenti sono originali e ricercati. ‘Giardini Di Plastica’ inaugura le danze con uno sguardo nostalgico al passato mentre la successiva ‘Peste Bianca’ aggredisce l’ascoltatore e rende l’atmosfera improvvisamente tetra e decadente. ‘Macchie’ e la traccia che dà il titolo all’album hanno davvero poco di italiano, se non l’idioma con cui sono immesse sul mercato. Sembrerà un controsenso, ma i Varego hanno registrato, sotto la supervisione di Mattia Cominotto, il loro lavoro più coraggioso e competitivo con quanto esce all’estero e lo hanno fatto omaggiando la loro terra, di cui alla fine non sono così stanchi.