Iniziare la recensione parlando di John Congleton, ovvero del produttore, non sarà carino per la band in questione, che tra l’altro ci mette tanto del suo, ma è inevitabile visto che il cantante e chitarrista dei Paper Chase ha fatto la fortuna di una valanga di artisti tra cui Joanna Newsom, Marilyn Manson, Explosions In The Sky, John Grant e Okkervil River. Anche stavolta ha fatto centro, rendendo il sound de Mannequin Pussy vagamente commerciale anche laddove di commerciale non c’è niente. A Philadelphia sanno ancora cos’è il punk e il gruppo guidato da Marisa Dabice omaggia quei valori indissolubili, rendendo gli arrangiamenti sbilenchi e imprevedibili con influenze indie rock e chorus pop. Le registrazioni si sono svolte presso i Steakhouse Studios di Los Angeles ed i progressi rispetto a ‘Romantic’ e ‘Patience’ sono palesi, a partire dalle vocals della ragazza che ha acquisito la personalità necessaria per dominare i propri sudditi. Il tiro di ‘OK? OK! OK? OK!’. ‘Of Her’ e ‘Aching’ è micidiale ma è probabilmente ‘Loud Bark’ il pezzo che rappresenta al meglio la miscela di punk rock, indie e power pop di ‘I Got Heaven’. In attesa di potere misurare le abilità dei quattro in sede live, il disco scorre che è un piacere, mettendo alla prova la duttilità dell’ascoltatore e proponendosi come una delle migliori offerte da tempo immemore della Epitaph. Un album profondamente incentrato sul desiderio, sul potere dell'essere soli e su come vivere in un mondo insensibile e scortese. La testimonianza di una band che ha saputo fare leva sul proprio legame incrollabile per creare qualcosa di furioso, elettrizzante e totalmente vivo.