Per molti artisti il blues è una vera propria fonte d’ispirazione. Si possono suonare generi tra i più disparati tra loro, ma alla fine si torna sempre da dove tutto è partito. Non fa eccezione a questo rituale, orami, consueto all’interno del mondo del rock neanche il sig. Slash che ci regala una perla d’album, nel quale rilegge una materia così semplice, ma altrettanto complessa, quale il blues, con una serie di ospiti d’eccezione che interpretano brani che hanno fatto la storia. In primo luogo c’è da dire che il chitarrista si è calato perfettamente nel ruolo di bluesman e i suoi soli sono molto diversi da come li abbiamo conosciuti nel corso degli anni. Poi la scelta delle canzoni è stata sicuramente di qualità e i vari cantanti che ha chiamato come guest stars hanno impreziosito il tutto. Ci sono delle vere e proprie perle. La prima che ci viene in mente è “Living For The City” di “Sua Maestà” Stevie Wonder in cui Tash Neal fa un grandissimo lavoro così come tutto il resto della ciurma. Si entra in un mondo meraviglioso dove le tastiere suonate da Teddy Andreaidis si intrecciano alla perfezione con il groove creato da una coppia ritmica pazzesca in cui si esalta la figura di Johhny Griparic, un tempo alla corte anche di Ritchie Kotzen. Fantastica è anche “The Pusher” in cui viene fuori alla grande il ruolo di interprete senza tempo di un rinato Chris Robinson dei The Black Crowes. Più scolastica è “Born Under A Bad Sign”. Dietro al microfono c’è un mito come Paul Rodgers che canta divinamente, anche se ad essere sinceri (questo è un parere strettamente personale) la versione fatta negli anni sessanta dai Cream risulta ancora oggi insuperabile. Molto particolare è la presenza di Iggy Pop in “Awful Dream”. La sua voce, roca e baritonale, si sposa benissimo con un genere apparentemente lontano dalla propria storia, ma anche in questo caso possiamo affermare che Slash ci ha visto lungo. Per il resto si passa da una versione ottima di “Crossroad Blues” con Gary Clark Jr a una più mainstream di “Hoochie Coochie Man” in cui trova posto un’altra leggenda quale Billy Gibbons dei ZZ Top. Per il resto piace la presenza di Dorothy in “Key To The Higway”, resa quasi r’n’b, mentre di maniera risulta il singolo “Killing Floor” nel quale abbiamo il cantato di Brian Johnson degli AC/DC e Steven Tyler degli Aerosmith, con quest’ultimo che suona l’armonica. In tutti questi brani Slash ci mette il suo con degli assoli di qualità e di classe che fanno capire come egli sia un musicista di una qualità indiscutibile che andrebbe rivalutato da una critica che, troppo spesso, lo ha ignorato. Alla fine proprio il riccioluto chitarrista si regala uno strumentale breve, ma intenso come “Metal Chestnut” che certifica la bontà di un lavoro semplicemente spettacolare che si colloca la tra le cose migliori degli ultimi anni. È un disco di cover, ma quando c’è la classe tutto si supera.