Il mio rapporto con Daniel Gildenlöw è cresciuto negli anni e devo dire che ha arricchito quella che considero un’esperienza sensoriale su più livelli, non certo solamente musicali. Col tempo mi sono avvicinato alle release dei Pain Of Salvation quasi dimenticandomi che fossero una prog metal band o comunque che la loro proposta si inserisse in un determinato contesto. Ciò perché album come ‘BE’, ‘Scarsick’ e ‘Road Salt’ hanno saputo sorprendermi ed accendere il mio interesse all’indomani della consacrazione internazionale e indipendentemente da un profilo tecnico superiore alla media. Alle escursioni acustiche di ‘Falling Home’ ed al doveroso omaggio al capolavoro ‘Remedy Lane’, fa seguito una manciata di tracce che ripropone la candidatura degli svedesi ai vertici dello scenario prog e che impressionano per solidità e lungimiranza dell’approccio compositivo. Il riff sporco di ‘On A Tuesday’ introduce un lavoro in studio che non ammette cali di tensione e segna un ritorno alle origini con partiture strumentali intricate, ritmiche heavy e liriche di spessore. I problemi di salute del leader hanno senza dubbio inciso sul suo desiderio di rivalsa ma fin dalle prime canzoni si percepisce come determinante il contributo in fase di songwriting da parte di Ragnar Zolberg. Non solo il chitarrista islandese ha prestato un pezzo dei suoi Sign, trasformato nella magnifica ‘Meaningless’, ma la sua presenza ha spinto su un livello superiore la costruzione delle linee armoniche e la caratura degli assoli. Non da meno la performance di Léo Margarit che si esalta soprattutto in ‘Angels Of Broken Things’ ma in generale ‘In The Passing Light Of Day’ sembra essere il compromesso ideale tra vecchi fan e le fasce più giovani di pubblico che amano le produzioni moderne, l’innovazione in termini di strumentazione ed i ritmi sincopati.