Un quarto album spettacolare per gli islandesi che finalmente si impongono per songwriting e qualità e si pongono a riparo dalle critiche e dalle invidie degli addetti ai lavori. Quando si cominciò a sentire parlare dei The Vintage Caravan infatti, in troppi fecero delle rimostranze semplicemente perché i ragazzi erano ancora giovanissimi – cosa affatto rara nella loro scena musicale di provenienza – e considerati degli enfant prodige che si sarebbero bruciati a breve. Non solo ciò non è successo ma il trio ha saputo guadagnarsi maggiore credibilità grazie a canzoni sempre migliori e performance dal vivo stellari. In tal senso ‘Gateways’ è pensato proprio per la dimensione live, con stacchi ritmici sontuosi, chorus di spessore ed un feeling anni ‘70 da brividi. Non fate però l’errore di cadere in confusione; questo non è il classico album revival ma una manciata di canzoni alla vecchia maniera che suonano fresche e vincenti. A produrle, ai magnifici Sundlaugin Studios dove i Sigur Rós hanno fatto la storia, è stato Ian Davenport che ricordiamo per le collaborazioni con Supergrass e Band Of Skulls. La magnifica copertina realizzata da Julian Haas trasmette un mix di sensazioni di smarrimento e fascino prima di essere assaliti dalle bollenti parti di chitarra di Óskar Logi Ágústsson che non fa niente per nascondere le sue influenze principali ovvero Cream, Deep Purple e Led Zeppelin, ma allo stesso tempo si dimostra decisamente più ispirato di numerosi colleghi che fanno parte del medesimo catalogo o della scena in genere. Tanto per intenderci con un paio di riff asfalta le ultime cose di Blues Pills e Kadavar.