La regina non è affatto invisibile. È reale, viva e presente come non mai nello scenario heavy metal internazionale. Ha semplicemente deciso di fare un passo indietro, di chiudere alla grande la propria carriera e dedicarsi ai cavalli invece che diventare un feticcio per nostalgici. Questo è l’ultimo lavoro in studio dei tedeschi, a meno di ripensamenti futuri, e credo che il suo più migliore pregio, a dispetto della qualità indubitabile di certi brani, sia nella capacità di spingere i giovani a scavare negli archivi e recuperare i classici illuminati dalla fantastica voce di Sabina Classen. Poi si possono tracciare paragoni, parlare di giubbotti borchiati, di produzione o di aderenza ad un’era invece che ad un’altra, ma la verità è che ‘Invisible Queen’ è un disco degli Holy Moses in tutto e per tutto! Un disco in grado di non sfigurare al cospetto di ‘Queen Of Siam’ o ‘Finished With The Dogs’, le cui copie in vinile vanno ancora a ruba tra gli appassionati. Il fatto che a promuovere l’uscita sia Fireflash Records, la sottoetichetta di Atomic Fire Records, rappresenta un segnale di speranza per il futuro, in un periodo in cui l’industria musicale attraversa una crisi ormai perenne e anche in uno dei mercati più floridi di sempre le vendite sono calate. ‘Cult Of The Machine’ e ‘Alternative Reality’ sono gli apici di una scaletta che mette spesso in evidenza il basso di Thomas Neitsch.